Ric, da addestratore a eroe; una vita tra orche e delfini – da Repubblica sera

 Uno dei più importanti progetti internazionali in difesa dei mammiferi marini nasce da una conversione. Negli anni 60 Richard – detto Ric – O’Barry lavorava per il Miami Seaquarium. Fra le sue mani di addestratore passò Hugo, la prima orca in cattività a est del Mississippi; era inoltre l’epoca di una famosa serie televisiva chiamata Flipper come il suo protagonista, un delfino. Ric si occupò personalmente dei cinque esemplari che a turno venivano impiegati per lo stesso ruolo, fino al giorno in cui la femmina Kathy, fissandolo, morì fra le sue braccia. Smise di respirare: volontariamente, secondo O’Barry, che da quell’ultima occhiata fu trafitto e dolorosamente illuminato. In quell’esatto momento infatti, dopo dieci anni di pratiche basate su deprivazione, fame, prigionia, necessariamente comuni a qualsiasi addestratore e delfinario, stabilì di dedicare il resto della vita alla liberazione di questi animali. Fondò il Dolphin project (www.dolphinproject.org), una grande campagna attiva in tutto il mondo da oltre quarant’anni, che fa capo all’International Marine Mammal Project e non-profit Earth Island Institute in California. Oltre a cercare in ogni modo di contrastare l’industria multimiliardaria dello sfruttamento dei cetacei, dalla loro vendita per esibizioni, circhi e zoo acquatici, capricci privati, in prima linea contro le folli mattanze effettuate da Giappone e altre nazioni baleniere, stragi alle isolo Solomon e alle Faroe, l’attività di O’Barry consiste pure nel salvataggio dei singoli. Tursiopi, orche, anche foche, vengono recuperati da luoghi di detenzione in giro per il mondo – USA, Haiti, Brasile, Nicaragua, Guatemala, Bahamas, Colombia – e, laddove possibile, reintrodotti in aree protette. Le gesta di Ric e l’impegno dell’Earth Island Institute hanno, nel tempo, ispirato film e mini serie tv. L’ultimo è un documentario, The Cove, diretto da Louie Psihoyos, che nel 2010 ha vinto l’Oscar ed è proprio centrato sui massacri di delfini a opera nipponica, con conseguenti disastri ambientali.

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2 risposte a Ric, da addestratore a eroe; una vita tra orche e delfini – da Repubblica sera

  1. Robo scrive:

    Ti ho scoperto per caso leggendo la recensione del tuo libro su un settimanale sportivo. Non mangio mammiferi ed uccelli da 20 anni e sto’ ovviamente benissimo. Il fatto di non riuscire a rinunciare ai latticini mi pone sempre di fronte ad un senso di incompiutezza nella mia scelta nata per amore degli animali. Non amo i circhi e li osteggerò sempre per le condizioni di ovvia sofferenza in cui sono tenuti in particolare i grossi felini, ma sui delfinari ho dei dubbi. So’ bene di condizioni di prigionia inaccettabili in cui sono tenuti i delfini in giro per il mondo, ma vedendo e sentendo talvolta in tv degli addestratori mi é parso di percepire un sincero amore. Quindi sono un po’ confuso, c’è sempre sofferenza nei delfinari? Grazie per il tuo impegno.

    • margdam scrive:

      Grazie a te. Sì, c’è sempre sofferenza, dove estrema e dove un po’ meno, come pure nei circhi, negli zoo e in qualunque luogo l’individuo venga privato della condizione alla base della vita naturale: la libertà. Gli addestratori non sono tutti uguali naturalmente, alcuni sono molto crudeli, altri più gentili e sensibili: tutti però sono evidentemente convinti di esercitare un perfetto diritto nel costringere una creatura selvatica ad apprendere esercizi per cui non è affatto predisposta, da eseguire in situazioni affollate, rumorose e terrorizzanti. Per il resto, l’esistenza di un prigioniero consiste nel guardare il mondo attraverso una finestrella, le fessure delle sbarre: nella migliore delle ipotesi c’è rassegnazione, apatia. Benessere mai.

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