Perché sono contraria alle adozioni internazionali (di randagi)

 Alle adozioni internazionali di randagi ho dedicato inchieste, articoli e un capitolo de La pelle dell’orso – dalla parte degli animali, consultabili per approfondire il tema senza lasciare spazio al dubbio circa la mia opinione in merito. Dato però il continuo espandersi del fenomeno, desidero ricordare una volta di più perché lo spostamento di cani, gatti e altri animali da un paese all’altro mi veda fermamente contraria.
 Per cominciare, il randagismo in Italia si potrebbe sconfiggere in pochi anni sterilizzando sia nel pubblico che nel privato, ponendo limiti alle attività degli allevatori, vietando gli allevamenti casalinghi e le vendite di animali attraverso gli annunci online e su carta.
 La nostra legge nazionale sul randagismo, la 281/91, è una delle più progredite al mondo circa la tutela degli animali contemplati. Proibisce infatti di ucciderli nei canili e di destinarli alla vivisezione. Comuni e Asl sono direttamente responsabili di cani e gatti vaganti, sia per quanto concerne il loro benessere durante accalappiamento e permanenza nelle strutture – breve, negli intenti della legge, che prevede però al contempo importanti politiche di sterilizzazione, nonché campagne di educazione al riguardo – sia circa il buon esito e la verifica dei loro affidi in famiglia.
 Purtroppo da noi corruzione, lassismo, interessi e meccanismi perversi, provocano nella maggior parte dei casi una pesante inefficienza nelle sterilizzazioni pubbliche, prezzi esosi e scoraggianti richiesti dalle Asl ai privati intenzionati a sterilizzare, l’assegnazione di molte strutture attraverso gare al massimo ribasso, assenza di controlli nei canili e presso le stesse Asl per mancanza di risorse e preparazione, mentalità antiquata che colloca gli animali in una sfera di scarso interesse ignorando quanto siano tra l’altro legati agli interessi umani, non di rado compiacenza, se non collusione.
 Tanto spesso, dunque, ci ritroviamo a inorridire di fronte a strutture indegne – comunemente definite canili lager -, a pratiche violente e mostruose, e guardiamo volontari coraggiosi che, a dispetto di incredibili sacrifici, hanno la sensazione di ricominciare da capo ogni giorno.
  Un modo per dimostrare la mia solidarietà verso persone che agli animali sacrificano tutto è, quando riesco, sostenerne la causa, cercando di contribuire a sollevare l’attenzione comune e istituzionale affinché le cose migliorino e cambino. Capita a volte che il mio modo di vedere non combaci alla perfezione con quello altrui, ma la salvezza degli animali offre tanti spunti condivisibili, e preferisco sbagliarmi per eccesso di fiducia che non rimpiangere di aver omesso quel poco che potevo.
 Riguardo le adozioni all’estero, tuttavia, non sono mai d’accordo, in nessun caso; convinta che gli animali non debbano addirittura spostarsi dalla propria regione d’origine: oggi sembra improponibile, soprattutto nel nostro Meridione, ma renderlo possibile e sicuro mi appare un giusto obiettivo comune.
  Sono certa che, fra chi porta gli animali altrove, esistano associazioni e privati meritori e tante operazioni di successo. Le individuo di più, per la verità, nell’occasionalità: il turista che in prima persona vuole adottare il cane e torna a prenderselo, la famiglia che stabilisce un contatto con l’associazione italiana. Sarebbe sciocco negare che su tutto il pianeta esistano scambi fortunati, anche parecchi, ma singoli, controllati. Al contrario, l’incredibile movimentazione di animali per tutta Europa, lo svuotamento di interi canili – che continuano a ripopolarsi – per riempire furgoni e bagagliai diretti verso le regioni del Nord, è troppo illogica e allarmante nella sua impersonalità. Mi rendo conto che, per coloro che si dibattono in una continua emergenza, queste terre magnanime e ideali rappresentino una speranza, ma poiché abbiamo la responsabilità di scegliere per loro, gli inermi, s’impongono domande.
 Perché mai svizzeri, tedeschi, belgi, austriaci, svedesi dovrebbero essere così più buoni degli italiani, che si dimostrano peraltro generosi e disponibili all’adozione?
 Perché alcuni stati accettano di accogliere ogni anno da Italia, Grecia, Romania, Turchia, centinaia di migliaia di cani malati, mutilati, invalidi, ciechi, inselvatichiti? E noi, tutti questi soggetti infelici, li scorgiamo poi a spasso, durante i nostri viaggi, lungo i lindi viali svizzeri o nelle città inglesi, tedesche? 
 Perché i cittadini di questi altri paesi, regolati in stragrande maggioranza da leggi differenti dalla nostra – impera la consuetudine di sopprimere gli animali nei canili o il diverso recepimento della Direttiva europea sulla sperimentazione che consente pure i test sui randagi - non si preoccupano in primo luogo di salvare i loro cani e gatti?
 Com’è infine possibile che su siti stranieri si offrano cani provenienti dai nostri rifugi in cambio di diverse centinaia di euro, giustificati come rimborso spese, che queste persone tanto più civili e facoltose di noi verserebbero senza fiatare? Si tratta di animali sottratti alle cure di volontari assidui e disperati, gli unici oltretutto in grado di riconoscerli, una volta affidati a organizzazioni specializzate nell’espatrio.
 In passato mi è capitato di occuparmi di questioni umanitarie, osservando da vicino ottime ong all’opera in paesi poveri, in Africa. L’aiuto dalle nazioni più sviluppate consiste in risorse e conoscenze da utilizzare sul territorio. La linea è sempre sostenere i popoli in difficoltà nella direzione di una loro autonomia. Quale follia sarebbe se invece si portassero via in massa le persone, a gruppi di cento, sradicandole e pretendendo di affidare a improvvisate patrie il loro destino?
  Se dunque gli stranieri sono comprensibilmente toccati dal randagismo italiano, perché non investono il sapere, denaro, mezzi, per creare progetti sul nostro territorio, oltre a educazione, opinione, pressioni sulle autorità locali?
 Verificare gli affidi all’estero, qualunque cosa se ne dica, è impossibile. Privacy dell’adottante, canili dove si dice che gli animali vengono a frotte posti in stallo (neanche più vige lo sforzo di indicare un destinatario prima della partenza), indisponibilità ogni volta che si faccia una richiesta per l’esemplare con cui si abbia dimestichezza, non sono affatto risarciti da ridicoli fotomontaggi che dovrebbero rassicurarci sulla sorte dei deportati. Video in cui non si riconosce un solo volto umano, superficiali fotoshop che collocano cani rimaneggiati in un prato o su un divano, non fanno che alimentare le perplessità.
 E i gatti poi? Senza microchip, viaggiano incalcolati; migliaia, milioni di ombre.
 Qualche mese fa ho proposto a un’associazione attivissima fra Lazio e Umbria – che lamenta di aver sempre invitato la stampa a verificare le sue adozioni all’estero, riscontrando disinteresse – di adottare in prima persona un cane che sarebbe partito per andare genericamente in stallo; lo conoscevo, era un pastore belga meticcio nero, trascinato via da un canile poco dopo un intervento chirurgico. In alternativa, mi sono offerta di accompagnarlo in Germania, e, se gli adottanti avessero acconsentito, di tornare a trovarlo ogni anno, per tutta la sua vita. Ho ricevuto un rifiuto categorico.
  Sono certa di condividere con tutti coloro che si oppongono a queste tratte il vivo desiderio di sbagliarmi.  Se non sospettassi che il buco nero dove la maggior parte di queste creature scompare echeggi delle sinistre urla di laboratori, macellerie, concerie, lotte, a quanto pare persino bordelli dove degenerati violentano altre specie, mi libererei di un peso terribile.  Ma queste prove non ci sono, e le poche indagini al riguardo (vedi il processo in corso riguardo il canile di Panza a Ischia) hanno smascherato documenti falsi, giri di denaro, azioni criminose.
 Posto che in assenza della condizione di reciprocità, dato il garantismo della 281/91 dissimile da ogni altra legge, reputo queste deportazioni di randagi illegittime e avallate solo da una vaghezza normativa, ho idea che offrire una reale trasparenza, perfetta tracciabilità delle adozioni all’estero, sia doveree interesse di tutti coloro che le promuovono.
 Invece, ricevo segnalazioni di volontari da tutta Italia che vengono offesi, trattati come visionari e allontanati con brutalità dagli animali accuditi con dedizione.
A tutti loro continuo a raccomandare di conservare fotografie, documenti, testimonianze, e di non rassegnarsi. Proprio perché le istituzioni latitano, l’insistenza delle segnalazioni e degli esposti, un coordinamento più ampio, non potranno rimanere inascoltati.

 

©Margherita d'Amico - La riproduzione dei contenuti è consentita esclusivamente citando la fonte.

5 risposte a Perché sono contraria alle adozioni internazionali (di randagi)

  1. Suzanne scrive:

    Questo e un argumento difficile. Da una parte ho visto cani dalla Czechoslovakia importati per esperimenti in Austria etc. etc.
    Dal altra parte – tantissime anni fa – avevamo adottato un cane
    in un luogo turistico in Italia dove era buttato fuori di una machina
    e finiva in strada colle gambe rotte. Il veterinario costava piu che l’Albergo
    pero era un cane amato per tanti tanti anni compagno di mia madre.
    Dal altra parte una volta avevamo 2 gattini di 8 settimane e gli abbiamo dati ad una copia giovane (studenti) che sembravano gentilissimi e onesti,
    solo per scoprire dopo con orrore che loro avevano venduti i gattini a un laboratorio.
    Cosi, penso, che non sia un soluzione semplice, pero sono d’accordissima che esportare piu di una creatura etc. non sembra consigliabile.
    Suzanne

  2. Sebastiano scrive:

    Grazie di aver esposto con estrema chiarezza cio’ che sentiamo tutti noi che ci opponiamo alle adozioni all’estero. E la recente convenzione stipulata dal Comune di Sassari per una “deportazione” istituzionalizzata con una delle tante organizzazioni tedesche è veramente insopportabile, oltrechè condotta in maniera sotterranea e senza offrire nel contempo un programma di promozione delle adozioni nel territorio.
    Sebastiano Candidda
    Coordinatore Regionale Sardegna Lega Nazionale per la Difesa del Cane

  3. Daniele scrive:

    Daccordo in tutto.
    Complimenti per le belle parole. Aiutiamo insieme questi poveri animali indifesi che purtroppo a volte finiscono in mano a persone senza scrupoli.

    Daniele presidente di una associazione per la tutela degli animali.

  4. Rosa scrive:

    Grande ed unica dato che sembra l’unica persona del mondo della cronaca ad interessarsi alla “fuoriuscita” degli animali dal nostro Paese al contrario di quanti intervengono solo per gli animali in “entrata”

  5. Francarita scrive:

    Margherita, sei grande!!!! grazie.

Rispondi a Francarita Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*


*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>