Il campo di Ferramonti, chiuso settant’anni fa

 Nato nel 1940 per volontà di Mussolini a Tarsia, vicino a Cosenza, il campo di internamento di Ferramonti fu realizzato in zona malarica dal costruttore Eugenio Parrini, il quale aveva orientato i suoi affari verso simili imprese. Il 25 aprile a Roma, presso il Centro Ebraico Il Pitigliani, ha avuto luogo una giornata di convegno internazionale dedicata ai 70 anni dalla chiusura del campo, il più vasto realizzato dal Fascismo e forse il meno violento. Vi furono rinchiusi ebrei ma pure apolidi, zingari, profughi e altri invisi al Regime fino a concentrare oltre duemila persone, liberate degli alleati nel ’43. Ricorrono insieme i 25 anni della Fondazione Ferramonti, creata dallo storico Carlo Spartaco Capogreco intervenuto assieme a studiosi e scrittori fra cui Klaus Voight, Mario Toscano, Luciana Marinangeli, Metka Gombac, James Walston. “Obiettivo dell’incontro, organizzato con l’aiuto di generosi volontari, è stato ricordare e approfondire all’insegna dell’onestà intellettuale ” dice Anna Longo, promotrice e moderatrice del tavolo: “Lungo la Penisola furono allestiti luoghi di internamento a decine. Anche nelle campagne di Castel di Guido, o a Farfa”. Osserva Claudio Procaccia, direttore del Dipartimento Cultura della Comunità Ebraica Romana: “Si ragiona da tempo sulla memoria selettiva riguardo il Ventennio, la stessa coscienza collettiva tende a considerare altrui responsabilità nostre. Se il parametro sono i lager e le persecuzioni naziste, persino le leggi razziali impallidiscono. Ma non si può abdicare alle responsabilità quando si aderì in ogni caso alla negazione di ogni fondamentale diritto: dal durissimo campo di Fossoli i prigionieri finivano dritti ad Auschwitz “. La riflessione odierna non è dedicata solo a chi serbi traccia di tanta infamia; ci si rivolge con fiducia alla coscienza civica e critica dei giovani. al_lupo@repubblica. it

http://roma.repubblica.it/rubriche/al-lupo/2013/04/25/news/quel_campo_di_ferramonti-57438049/

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