Margherita d’Amico intervista Jane Goodall contro la caccia
Quest’intervista è stata realizzata nel 2009, come primo e unico ciack del documentario A ferro e fuoco, con cui intendevo approfondire il tema della caccia relativamente all’uso delle armi, alla fruizione della proprietà privata altrui, all’educazione alla violenza. Al tempo, però, erano in corso clamorosi tentativi di deregolamentare dell’attività venatoria in Italia attraverso il ddl Orsi (che proponeva, fra le altre cose, di allargare la stagione di caccia a tutto l’anno, persino nei parchi e dai veicoli in movimento; depenalizzare il bracconaggio, abbassare a sedici anni l’età in cui poter imbracciare il fucile la prima volta, favorire l’uso di esche vive e liberalizzare la qualifica di imbalsamatore): il progetto fu subordinato in corsa a una strategia per sollevare l’attenzione mediatica sulla questione. Jane Goodall offrì il suo insostituibile, autorevole sostegno. A ferro e fuoco rimase congelato, ma contribuì a bloccare quel folle disegno.





“Ma voi, uomini d’oggi, da quale follia e da quale assillo siete spronati ad aver sete di sangue, voi che disponete del necessario con una tale sovrabbondanza?”, scrisse Plutarco in uno dei suoi Moralia poco meno di duemila anni fa. Eppure oggi gli animali terrestri di allevamento (i pesci raddoppierebbero il totale) destinati alla macellazione si quantificano in 70 miliardi, di cui 55 sono polli. Da loro, derivano ogni anno 280 milioni di tonnellate di carne. 


