I politici pensino agli anziani soli

Speriamo di diventare anziani assieme a qualcuno disposto a volerci bene. Così un giorno figli, nipoti, fratelli, saranno chiamati a fare il loro dovere in un Paese che invecchia di pari passo con la solitudine delle persone. Mutamenti sociali, difficoltà economiche, famiglie in continuo divenire, ci dipingono un futuro in cui la grazia di raggiungere l’età avanzata sarà accompagnata dall’incertezza sulle circostanze in cui viverla.
Rivolgersi all’assistenza pubblica, soprattutto in presenza di sindromi degenerative, infermità mentale e altre forme di disabilità, è un’ipotesi che ci riguarderà sempre più da vicino. Anche a Roma, la famiglia incapace di gestire l’anziano o l’handicappato cerca accoglienza a tempo indeterminato presso una Rsa-residenza sanitaria assistita. Strutture pubbliche o private in convenzione, sovvenzionate da fondi gestiti dalle regioni con il significativo contributo degli utenti. Posti insufficienti e frequenti disagi. Così, alla vigilia delle elezioni, un gruppo di parenti si appella ai candidati.
“Chiara è inferma psichica da quando era bambina, ora ha 80 anni e io 77: sono il suo unico congiunto in vita” racconta il fratello Bruno, operaio. “Risiede in una Rsa dove siamo approdati dopo cambiamenti e cattive esperienze, incluse le molestie subite quando era più giovane. La soluzione attuale è fra le migliori su piazza prosegue – eppure il cibo è così scadente che almeno una volta al giorno devo portarglielo da casa. Gli inservienti sono impreparati, stanchi, nervosi”. Aggiunge Giuliana, che tre volte a settimana assiste la madre: “Gli altri giorni paghiamo una badante, altrimenti non la imboccano “. Per le visite al padre paralizzato Renata si alterna alle sorelle: “Se non veniamo non lo cambiano. Non ho figli: se la politica non cambia qualcosa penso con terrore a quando qui dentro ci finirò io”.
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